Reportage dal Ladakh by Orientamenti part. 3

Continua l’attività di Orientamenti in Ladakh e a Lamayuru in particolare..ecco Gabriella Quaglia che ci aggiorna..

——-

Turtuk è un villaggio posto su un anfitetro affacciato sul fiume Shayok, a 2800 metri, dieci kilometri prima che le sue acque entrino in territorio pachistano e vadano a confluire nel grande Indo.
Gente particolare quella di Turtuk, non somiglia per tratti fisici e culturali a nessuna altra etnia del Jammu & Kashmir. Il loro territorio è un’appendice del Baltistan, la regione del Pakisthan di cui ha fatto parte fino al 1971.
Il verde lussureggiante dei suoi campi coltivati riluce come uno smeraldo sul corpo roccioso color ocra dei pendii scoscesi che lo circoondano e delle rive sottostanti.
La strada che arriva da cuore della Nubra Valley corre lungo la riva sinistra dello Shayok per 80 kilometri ed il suo letto, ampio e sabbioso, forma argentee lagune che riflettono la luce accecante del sole dei 3000 metri di altitudine. Pietraie punteggiate da rari arbusti fioriti,viola, rosa e gialli, si perdono ai piedi dei fronti rocciosi e franosi delle montagne. Pochi gli insediamenti umani, piccoli villaggi che sfidano l’aridita’ del suolo e l’intensità dei venti himalayani. Molte le postazioni militari come su tutte le altre aree di confine del Kashmir e del Ladakh: enormi campi aridi con alloggi,scuole, aree sportive, aeroporti, distese di camion e bidoni di ferro e cimiteri degli eroi caduti nei conflitti con il Pakisthan. La loro presenza è parte integrante del paesaggio ed importante risorsa economica ed occupazionale per il Ladakh. Ben lontana la sofferenza vissuta dai Kashmiri per lo stato di occupazione imposto dal governo indiano con un esercito che non presidia solo le frontiere ma controlla e si impone nella loro vita sociale.
Anche Turtuk ha la sua base militare, la vedi dall’alto del villaggio,in riva al fiume e nulla potrebbe sembrere cosi distante ed antitetico. La guesthouse che ci ospita per la notte è nella parte vecchia del villaggio: case in pietra, vicoli stretti a scavalco di mille torrentelli che irrigano campi di orzo e grano, frutteti e orti. La padrona è una affascinante giovane donna che per amore ha lasciato l’ultra tecnologica Bangalore, nel sud dell’India, per seguire il marito in questa valle nascosta nella zona abitata in assoluto più a nord dell’India. Ci accompagna su una balconata a picco sulla valle, con lo sguardo verso l’ansa del fiume, che scompare dietro un pendio, immaginiamo il confine e nulla può farci pensare a qualcosa che giustifichi la frattura voluta dai colonialisti inglesi prima di lasciare l’India nel 1947. Favorirono la creazione di uno stato indipente, il Pakisthan, per compiacere i desideri di autonomia della comunità islamica indiana, su due aree da sempre parte della grande India, per altro distanti fra loro migliaia di kilometri. La divisione ovviamente non era priva di conseguenze vantaggiose per la Gran Bretagna e gli amici americani, un ben orchestrato ” dividi et impera”. Ne segui’ un esodo incrociato drammatico fra indu’ e musulmani che avevano sempre convissuto ovunque senza “riserve”territoriali. Nel 1971 la parte orientale ottenne l’indipendenza come Bangladesh ma le tensioni con il Pakisthan occidentale, condizionano ancora oggi la politica indiana e mondiale.
Sarah dirige una piccola scuola privata per bimbi dai 3 ai 9 anni collegata ad una scuola Islamica di Leh. Andiamo a visitarla il mattino dopo. 120 bambini in una scuolina con pareti interne di compensato. Nel cortile un secondo edificio verde militare che ci mostra orgogliosa per averlo ottenuto in regalo dall’esercito. Molte bimbe con il velo, anche molto piccole, non abbligatorio ma a discrezione delle famiglie. Quando chiedo se ci sono scuole pubbliche mi dice che sono molto disorganizzate e poi qui la religione è importante e le famiglie vogliono un’educazione in sintonia con i loro valori. Chiedo quanti bambini proseguono nelle classi superiori e, senza sorpresa da parte mia,risponde che le bambine sono le più interessate a continuare e si impegnano di conseguenza, fino almeno ai 15 anni, nella scuola superiore pubblica. E i maschi, quando lasciano la scuola a 9/10 anni, cosa fanno? Niente, la risposta, si perdono girovagando nel villaggio fino a che la famiglia li costringe a trovare un qualsiasi lavoro, per lo più nei campi. Lasciamo Sarah al suo lavoro senza riuscire a chiederle quale è il futuro che lei riesce a vedere per questa piccola comunità isolata. Noi non abbiamo risposte.

@genrico@

Vagabondo per natura, cittadino del mondo,appassionato di viaggi,reportage,fotografia, cultura asiatica e tibetana. Pagina ufficiale pubblica su facebook: https://www.facebook.com/lavitaeunviaggio

I commenti sono chiusi.