Buon viaggio in Ladakh ma…by Mario Stefani

Nel 2009, un film di tre studenti di ingegneria spinti dalle loro avventure, fecero conoscere al pubblico indiano la terra del Ladakh, lasciando all’immaginario collettivo un luogo senza eguali. Tutto è precipitato con quel film, alcuni anni prima le prime avvisaglie di viaggiatori stranieri,  facevano sognare affari agli attenti kashmiri che aprivano le loro  botteghe di tappeti e paschimine.
I locali timidamente trasformavano le loro case in guest house, i più facoltosi hanno investito in alberghi rinunciando ai campi di orzo e orti che garantivano la loro autosufficienza.  
Nel 2008, l’anno prima dell’uscita del film, 400.000 turisti indiani visitarono il Ladakh – già allora era una cifra considerevole.
Tre anni dopo, quelle cifre erano quasi quadruplicate. Da allora non è stato mostrato alcun segno di rallentamento. In questo modo il Ladakh si sta lentamente avvicinando ad un punto di non ritorno.
I turisti salgono al Lago Pangong, due giovani amici in motocicletta si danno appuntamento  per incontrarsi al Rancho’s Cafe, dal nome dell’eroe sfacciato del film, ma una mezza dozzina di ristoranti portavano lo stesso nome.
Il boom del turismo del Ladakh ha coinciso con il rapido aumento della classe media indiana. Dal 2005 al 2010, i livelli di reddito annuali sono quasi raddoppiati. La classe media del paese ora comprende circa 50 milioni di persone: entro il 2025, il numero ammonterà a 583 milioni, e gli stipendi dovrebbero triplicare nei prossimi due decenni.
Fuori dalla città, flotte di furgoncini Mahindra bianchi, sono tutti diretti verso la stessa destinazione, sbuffando lungo le strade di montagna.
“Flush toilets!” Vanta un campeggio. I bagni occidentali hanno sostituito i tradizionali bagni di compostaggio secco dei Ladakhi, prosciugando le scarse risorse idriche della regione.
Ora i turisti  superano i residenti durante i mesi estivi di punta e il territorio così fragile, ha bisogno di un’attenzione più incisiva.
Tutti sono d’accordo che è necessario contrastare un peggioramento della crisi. I visitatori devono essere sensibilizzati alla vulnerabilità della regione, mentre i professionisti del turismo devono rendersi conto che quando il loro prodotto scompare, scompariranno anche i loro profitti.
Quando era ancora chiuso agli estranei, il Ladakh produceva zero rifiuti.
Per illustrare la portata della crisi ambientale del Ladakh, Dorjai mi porta  alla periferia della città, una grande discarica, invasa da cani selvaggi, nasconde la spazzatura di Leh. Un decennio fa, i camion della spazzatura venivano otto volte al giorno per scaricare i rifiuti. Ora fanno 20 viaggi al giorno. Alberghi e ristoranti turistici sono i principali produttori di spazzatura.
“Nel nome dello sviluppo, del denaro, dell’occupazione, si sta sconvolgendo la bellezza naturale del Ladakh”
Ora hanno vietato i sacchetti di plastica ma non basta.
Occorre sensibilizzare tutti indistintamente, locali e turisti, questo paese rischia
di perdere la sua incantevole bellezza.
Nella speranza che anche Noi occidentali facciamo la nostra parte auguro a tutti
Buon viaggio!!

MARIO STEFANI

 


Mario e con lui l’associazione Orient@menti operano in Ladakh da parecchi anni. In questi mesi Mario,come ogni anno, si divide tra Leh e Lamayuru ed ha il “polso” della situazione. Vi invito a conoscere e a collaborare con l’Associazione.
Qui un link per conoscerli meglio: clicca qui.

@genrico@

Vagabondo per natura, cittadino del mondo,appassionato di viaggi,reportage,fotografia, cultura asiatica e tibetana. Pagina ufficiale pubblica su facebook: https://www.facebook.com/lavitaeunviaggio

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