Il Monastero di Lamayuru e il Buddismo Tibetano: Riflessioni tra Fede e Impermanenza by Gabriella Quaglia – Orientamenti
Non sono mai riuscita a trovare consolazione o ispirazione dalla religione, quella con cui sono cresciuta. La seduzione delle grandi utopie sociali ha plasmato l’inizio della mia età adulta, un ambiente vitale e prospero dove molti della mia generazione potevano coltivare ideali di progresso individuale e collettivo e di giustizia senza scomodare creature ultraterrene.
Solo successivamente, i viaggi e le letture mi hanno rivelato il potere seduttivo delle religioni, soprattutto di certe religioni, nonché la loro capacità di rendere accettabili i destini individuali anche più pesanti conciliandoli con tutti gli aspetti culturali e sociali della comunità di fedeli.
E forse per una certa dose di invidia ed ammirazione inconsapevoli nei confronti di coloro che di riti, precetti ed infatuazioni divine si cibano saziandosi ogni giorno, senza dubbi od esitazioni, che mi piace comprendere i simboli e le ragioni per cui certe religioni sono amate, quando lo sono. Qui in Ladakh il Buddismo tibetano lo è, sicuramente, amato da una larga maggioranza di popolazione. Vivere in un villaggio come Lamayuru con una certa continuità, la vita ritmata dalle tante celebrazioni corali e l’autorità esercitata dai monaci su diversi aspetti della vita sociale, ci inducono a riflessioni conflittuali.
L’Architettura del Monastero: Fede e Fragilità
Il monastero in sé è un’opera architettonica straordinaria. Un imponente edificio appoggiato su un crinale roccioso ma con un lato letteralmente sorretto da alti pilastri naturali di agglomerato pietre-terra, separati fra loro da larghe e profonde fenditure frutto dell’erosione degli eventi atmosferici. Intorno cortili, cappelle ed edifici di servizio per i monaci compresa la scuola per i piccoli adepti. Osservandolo dal basso la sua stabilità sembra affidata alle divinità che lo proteggono. Ma fortunatamente neanche i monaci arrivano a credere a tanto ed hanno recentemente ottenuto l’impegno del Governo di progettare e realizzare pilastri di cemento aggiuntivi. Non so quanto chi lo vede costantemente dal villaggio si sia mai posto il problema ma questo è uno dei più antichi ed importanti monasteri del Ladakh, e la sua conservazione è un dovere.
Riti e Celebrazioni nel Cuore del Villaggio
Nelle settimane come queste, in cui ogni giorno si alternano diverse celebrazioni religiose, assistiamo ad un grande flusso di fedeli anche dai villaggi vicini. L’insediamento di un nuovo Lama, l’accoglienza di nuovi monaci, la preparazione di un nuovo mandala di sabbia…tutto richiede una grande mobilitazione, le donne impegnate nella cucina per il pranzo collettivo (questo non manca mai, retaggio di tempi in cui la disponibilità di alimenti in questo ambiente arido era sinonimo di ricchezza straordinaria da condividere), le preghiere di accompagnamento ai riti ufficiati nella sala principale del monastero dai monaci chini sui testi sacri a recitare testi o vocalizzare mantra accompagnati dagli strumenti musicali in un ripetitivo ritmo ondivago.
I piccoli monaci tengono il loro posto fra gli adulti sfuggendo alla noia delle Puja che proseguono per ore con qualche sbadiglio e distrazione, i più abili chiamati a turno a riempire di te’ le ciotole degli adulti. Nel gran fermento generale, ognuno ha un suo ruolo codificato dalla tradizione, tonache rosse in movimento, abiti tradizionali indossati da anziani e adulti che sgranano rosari e ruote delle preghiere, tanti abiti standard dell’universo giovanile che ormai si assomiglia in tutto il mondo …….fatichiamo a trovare una omogeneità esteriore ma niente è più naturale e coordinato dei loro movimenti, senza fretta, gesti antichi ripetuti, nessuna improvvisazione e soprattutto, nessuno fuori posto, la regia è perfetta.
La Lezione del Mandala: L’Accettazione dell’Impermanenza
Anche il semplice atto dell’esibizione e contemporanea distruzione del mandala di sabbia, pazientemente elaborato con sabbie colorate dai monaci negli ultimi 8 giorni, nascosti da una tenda, acquista la solennità di un gesto simbolico fondamentale, l’accettazione della impermanenza, la caducità di ogni cosa, anche di ciò che ci è più prezioso e caro. La sabbia multicolore verrà trasportata in processione dai monaci al fiume e lì versata dopo una preghiera collettiva. Essa ritorna a dove stava, prima della sua vanescente trasformazione in un’illusoria bellezza artistica. Dura per noi da accettare attaccati come siamo a ciò che è bello e prezioso. E mi chiedo come tale principio possa convivere con la strenua volontà dei monasteri di conservare le loro opere d’arte antica, gli affreschi, i Tangka, i testi religiosi, le statue…
Fede e Dubbi di un Osservatore Ateo
..un patrimonio ricchissimo che arricchisce le comunità monastiche (a Lamayuru è iniziata la costruzione di un museo apposito) i cui patrimoni sono già graziati da proprietà e privilegi economici ben tutelati dalla politica locale. Ma questo ed altri dubbi sulla fedeltà ai principi della dottrina scaturiscono dal mio ateismo di fondo, da chi sta solo a guardare. Non riuscirei certo a trovare il modo di condividerli con le persone intorno a noi qui a Lamayuru, con le nostre amiche più strette Chorol, Sonam e Dolma che ogni giorno, fra le tante incombenze, si prendono il tempo per recarsi alla collinetta degli stupa fuori dal villaggio, per recitare, anche con il corpo, le loro preghiere lasciando ogni volta il segno tangibile di una pietra ad accrescere il cumulo personale, testimonianza della mole della loro devozione. Loro che dedicano periodicamente un’intera giornata alla preghiera, conciliando abilmente la rotazione delle ruote dei mantra e lo sgranare dei rosari con le consuete azioni quotidiane. O ancora quando, insieme agli altri, per ogni ricorrenza religiosa (e qui sono tante!) organizzata dal monastero, accorrono volontariamente per provvedere a tutti i lavori necessari, incluso ridipingere gli stupa del villaggio, semplicemente perché va fatto.
Quello del valore della fede è un terreno minato, ogni ragionamento si trascina il suo contrario. Contrastare stereotipi e preconcetti nella comprensione della realtà e’ forse l’unico strumento utile a disposizione, forse la stessa compassione tanto amata dai nostri amici buddisti.





